I principali documenti legislativi che regolano la produzione e l'utilizzo di biogas sono:
- Decreto ministeriale 7 aprile 2006 - "Disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152".
- Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 – "Norme in materia ambientale" meglio conosciuto come Testo Unico Ambientale.
- Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 – "Attuazione della direttiva 2001/77 relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità".
Tra i documenti europei di interesse, recepiti a vario titolo dalla legislazione nazionale si segnala:
- Regolamento CE n. 1774/2002 del Parlamento europeo
e del Consiglio, del 3/10/2002, recante norme sanitarie
relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo
umano
- Regolamento CE n. 208/2006 della commissione del 7/2/2006
che modifica gli allegati VI e VIII del regolamento CE n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del
Consiglio per quanto concerne le norme di trasformazione relative agli impianti di produzione di
biogas e di compostaggio e i requisiti applicabili allo stallatico
La differente origine delle biomassa introdotta in un impianto ne influenza pesantemente l’ambito legislativo di riferimento.
Da questo punto di vista infatti il DLvo 152/06- Parte V, allegato X, sezione 6 definisce il biogas come combustibile soggetto alle disposizioni dello stesso allegato solo qualora provenga “dalla fermentazione anaerobica metanogenica di sostanze organiche non costituite da rifiuti. In particolare non deve essere prodotto da discariche, fanghi, liquami e altri rifiuti a matrice organica. Il biogas derivante dai rifiuti può essere utilizzato con le modalità e alle condizioni previste dalla normativa sui rifiuti.” Da qui nasce il problema che tutta una teoria di prodotti che pur essendo tecnicamente ottimi per la conversione in biogas non possono essere impiegati, in quanto rifiuti, in impianti rientranti nel contesto agricolo definito dal Testo Unico Ambientale. Si tratta in particolare di sottoprodotti o in alcuni casi di rifiuti dell’industria agroalimentare che non possono essere catalogati come biomasse vergini.
Il DLvo 387 definisce invece le fonti rinnovabili ai fini della produzione di energia elettrica:
a) fonti energetiche rinnovabili o fonti rinnovabili: le fonti energetiche rinnovabili non fossili (eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas). In particolare, per biomasse si intende: la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetalie animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonche' la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani;
b) impianti alimentati da fonti rinnovabili programmabili: impianti alimentati dalle biomasse e dalla fonte idraulica, ad esclusione, per quest'ultima fonte, degli impianti ad acqua fluente, nonche' gli impianti ibridi, di cui alla lettera d);
c) impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili o comunque non assegnabili ai servizi di regolazione di punta: impianti alimentati dalle fonti rinnovabili che non rientrano tra quelli di cui alla lettera b).
In questo contesto quindi gli impianti di biogas possono impiegare biomasse differenti e non solo di origine zootecnica.
Il discorso è complesso e non esauribile nella breve trattazione di questo documento ma è importante sottolineare come questo sia attualmente uno dei principali problemi del settore soprattutto in quanto la normativa è in continua evoluzione e soggetta, nel caso specifico, ad interpretazioni delle amministrazioni locali difficilmente prevedibili a priori. Ogni nuovo materiale che non è refluo zootecnico o biomassa dedicate deve quindi essere considerato nel contesto specifico.
Il secondo aspetto rilevante è quello relativo al digestato che può essere considerato il principale problema del settore. Non essendo disponibile una definizione ufficiale di digestato è difficile riuscire a definirne delle caratteristiche univoche tali da consentirne la gestione senza dare adito a dubbi. In particolare il fatto che un impianto di digestione anaerobica possa essere alimentato sia con biomasse vergini che con altri prodotti catalogabili come rifiuto rende molto “soggettiva” la definizione merceologica del principale rifiuto prodotto dall’impianto, ossia il digestato stesso. Quest’ultimo infatti può essere catalogato, e quindi gestito di conseguenza, come refluo zootecnico o come rifiuto vero e proprio.
In particolare si segnala il DM 7/4/06 che, recependo la normativa europea in materia di gestione dei reflui zootecnici soprattutto alla luce dell’inquinamento da nitrati, introduce una serie di disposizioni molto precise riguardanti la fase finale della filiera produttiva del biogas.
In particolare il DM citato afferma che:
- gli effluenti zootecnici prodotti in azienda possono essere avviati a digestione anaerobica e i fanghi risultanti (digestato) possono essere utilizzati sul suolo agricolo secondo i normali piani di utilizzazione agronomica (PUA).
- I residui colturali e le colture energetiche prodotte in azienda possono essere avviate alla digestione anaerobica e il digestato può essere essere utilizzato sul suolo agricolo secondo i normali piani di utilizzazione agronomica (PUA).
Di conseguenza la miscela dei due prodotti elencati è possibile purché venga seguita la medesima procedura di spandimento tenendo conto del tenore in azoto.
Ulteriori considerazioni possibili sono che: la miscelazione di reflui zootecnici con colture energetiche prodotte sia dentro che fuori l’azienda, in questo secondo caso purché accompagnate dai previsti documenti necessari per il trasferimento di merci e prodotti (ex bolla di accompagnamento), sono ammissibili e il digestato ottenuto rientra nell’ambito del decreto citato.
In tutti gli altri casi invece si rientra nella legislazione dei rifiuti quindi è necessario, pur facendo sempre riferimento al testo unico ambientale (DLvo n. 152/06), cambiare “registro” e considerare l’impianto come destinato al recupero di rifiuti mediante attività R10. In questo caso anche lo spandimento al suolo è possibile purché risponda alle disposizioni relative. Tra queste si ricorda la necessità di compilare il modello unico di dichiarazione ambientale (MUD) che accompagna ogni tipologia di rifiuto.
Altre considerazioni tratte dalla legislazione in materia sono che gli impianti di biogas possono essere realizzati in un contesto rurale come stabilito dal DLvo 387/03 art. 12, comma 7. Però mentre il DLvo n. 152/06 stabilisce che gli impianti di biogas, se quest’ultimo risponde alla definizione di cui alla Parte V, allegato X, sezione 6, aventi potenza termica nominale inferiore a 3 MW sono considerati ad inquinamento poco significativo quindi non necessitano di autorizzazione, ma è sufficiente una comunicazione di inizio attività da inviarsi alla competente autorità che generalmente coincide con la Provincia, dall’altro lato il DLvo n. 387/03 stabilisce (art. 12, comma 8) che tali impianti sono da considerarsi ad inquinamento poco significativo “sempre che ubicati all’interno dei impianti di smaltimento rifiuti” escludendo di fatto tutti gli impianti realizzati in un contesto agricolo.
Tutto questo introduce una nota di incertezza che crea sicuramente problemi interpretativi al momento della istruttoria delle pratiche autorizzative. In line di principio sembrerebbe consigliabile riferirsi alle disposizione del DLvo n. 387/03 che introducono, tra l’altro, la domanda di autorizzazione unica rilasciata a livello regionale o da altri soggetti istituzionali delegati. Ancora aperto invece il discorso relativo alla biomassa utilizzabile.
La legislazione regionale è invece prevalentemente legata al recepimento dei regolamenti comunitari in tema di spandimento e stoccaggio dei reflui zootecnici. Di seguito un elenco di norme di riferimento:
Emilia Romagna:
Legge Regionale 24/4/95, n. 50
Disciplina dello spandimento sul suolo dei liquami provenienti da insediamenti zootecnici e dello stoccaggio degli effluenti di allevamento
Regione Lombardia:
- DGR 7/11/2006 n. 8/3439 – Adeguamento al programma d’Azione della Regione Lombardia di cui alla DGR n. 17149/96 per la tutela e risanamento delle acque dall’inquinamento caudato da nitrati di origine agricola per le aziende localizzate in zona vulnerabile ai sensi del DLvo 3/4/06 n. 152, art. 92 e del DM 7/4/06 n. 209.
Questa delibera regionale disciplina i criteri e le norme tecniche generali, che le aziende agricole ricadenti in zone vulnerabili ai nitrati devono osservare, per l’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, dei fertilizzanti azotati, degli ammendanti e, comunque, di tutti gli apporti azotati.
- DGR 30/12/2003 n. 7/15944 – Delega alle province delle funzioni amministrative, ai sensi degli artt. 27 e 28 del DLvo 5/2/97, n. 22 e successive modifiche ed integrazioni, in materia di approvazione dei progetti ed autorizzazione alla realizzazione degli impianti ed all’esercizio delle inerenti operazioni di messa in riserva (R11), trattamento/condizionamento (R3) e spandimento sul suolo a beneficio dell’agricoltura (R10) di rifiuti speciali non pericolosi. Art. 1 della LR 3/4/02, n. 6.
Questa delibera deve essere presa in considerazione nel momento in cui la gestione dell’impianto coinvolge anche biomasse residuali classificabili come rifiuti dall’attuale legislazione vigente.
Provincia autonoma di Bolzano:
- Legge Provinciale 18/6/02, n. 81 – Disposizione sulle acque.
La legge è in fase di revisione per cui sarà sostituita da un nuovo testo entro al fine dell’estate 2007. Disciplina la gestione dei reflui zootecnici ai fini della prevenzione dell’inquinamento delle acque e introduce le norme di buona pratica agricola per il loro trattamento.
- Piano di sviluppo rurale della provincia autonoma di Bolzano – Allegato 6 – Definizione della buona pratica agricola valida per l’attuazione del piano di sviluppo rurale della provincia autonoma di Bolzano.
Il documento definisce le norme per la gestione e lo spandimento dei reflui zootecnici.
Legislazione della confederazione elvetiva e del cantone dei Grigioni:
Il quadro legislativo della confederazione elvetica può essere riassunto dai seguenti documenti:
814.20 Legge federale del 24 gennaio 1991 sulla protezione delle acque (LPAc)
814.01 Legge federale del 7 ottobre 1983 sulla protezione dell’ambiente (Legge sulla protezione dell’ambiente, LPAmb)
730.0 Legge sull’energia del 26 giugno 1998 (LEne)
820.100 Legge d’introduzione alla legge federale sulla protezione dell’ambiente (Legge cantonale sulla protezione dell’ambiente, LCPAmb)
820.110 Ordinanza cantonale sulla protezione dell'ambiente (OCPAmb)
820.150 Ordinanza cantonale concernente l'esame dell'impatto sull'ambiente (OCEIA)
820.200 Legge sull’energia del Cantone dei Grigioni (Legge grigione sull’energia, LGE) 1
820.210 Ordinanza sull’energia del Cantone dei Grigioni (Ordinanza grigione sull’energia, OGE)
RS 916.441.22 Ordinanza concernente l’eliminazione dei sottoprodotti di origine animale (OESA)
RS 730.111.3 Ordinanza sul calcolo dei contributi federali nel quadro dell’ordinanza sugli investimenti nell’energia
In linea generale è possibile affermare che la legislazione Svizzera pur essendo molto semplice rispetto alla situazione italiana, è oltremodo rigorosa e improntata ad un livello elevato di protezione dell’ambiente e dell’uomo.
La realizzazione di impianti a biogas è quindi oggetto di attente verifiche e controlli sia precedenti la realizzazione dell’impianto che successive alla sua messa in funzione.
Normazione tecnica
Vale la pena evidenziare come a fronte della diffusione degli impianti di biogas e del crescente interesse verso il settore non esistono ad oggi norme tecniche di sistema e di prodotto che definiscono lo stato dell'arte della tecnologia applicata alla fermentazione anaerobica. L'unica eccezione è costituita dalla norma tecnica UNI 10458:1995 - Impianti per la produzione del gas biologico (biogas). Classificazione, requisiti, regole per la costruzione, l'offerta, l'ordinazione e il collaudo attualmente vigente, ma in fase di revisione da parte di un gruppo di lavoro del Comitato Termotecnico Italiano. Maggiori informazioni possono essere richieste a cti@cti2000.it. |