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Autore: R. Tenti, R. Casolin
Collana: BT - 12 - Giu 01 - Utilizzazione termica dei rifiuti
Note:
L’utilizzo a scala industriale di combustibili derivati dai rifiuti urbani ha costituito,
nell’ultimo decennio, la vera scommessa sull’evoluzione tecnico - legislativa della filiera di
trattamento del rifiuto dal primitivo sistema di smaltimento in discarica verso una gestione in-dustriale
orientata al massimo recupero di materia e di energia.
Se da un lato il Dlgs. 22/97 assume come obiettivo prioritario il recupero energetico dai
RSU, dall’altro l’utilizzo delle frazioni combustibili da parte dei settori industriali maggior-mente
energivori ha come riferimento il DM 5.2.1998 che pone per il CDR limiti qualitativi
talmente ristretti da consentirne, una produzione ed un utilizzo assai modesto.
Ci si trova infatti di fronte ad una palese contraddizione tra gli obiettivi strategici del De-creto
Ronchi ed il regolamento attuativo che penalizza la termoutilizzazione delle frazioni
combustibili. Per far decollare l’utilizzo, come combustibile primario o ausiliario nelle diver-se
forme di combustione, di frazioni secche classificate (FSC) o CDR occorre definire un
nuovo quadro normativo di riferimento, come proposto nei capitoli successivi, e avviare con-testualmente
la certificazione dei processi di produzione del combustibile derivato che per-metta
sia al gestore dell’impianto che all’utilizzatore una “normale” gestione industriale.
In tale contesto definire la taglia ottimale per impianti di selezione, in assenza di una politi-ca
industriale che incentivi a scala nazionale i grandi utilizzatori (cementifici, centrali ter-moelettriche,
fornaci, ecc..) e di un nuovo quadro normativo, appare operazione problematica
e poco credibile anche e soprattutto per le oggettive difficoltà di definire i tempi di ritorno e la
redditività dei cospicui investimenti richiesti.
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